Laura Del Verme

Coco optimo

Cuochi, briganti e brigate di cucina nell’antica Roma

Orsa maggiore
2020, 128 pp., con illustrazioni a colori
Brossura, formato tredici per ventuno centimetri
ISBN: 9788855250191

€ 13,00
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Sinossi

È allegro, indefinito e caotico, il mondo dei cuochi nella Roma Imperiale. Furfanti geniali e creativi, controllati a vista dai ricchi patrizi che li prendevano ‘a nolo’ al mercato. Artefici invisibili di quelle celebrate bontà che noi oggi consideriamo ardite mescole: mai potremmo apprezzare il mix di aceti, le salse legate con fecola o le bacche di ginepro, mirto e porro usate come condimento di carne e pesce. In verità, anche qualche romano nutriva un certo sconcerto sull’abitudine di mangiare qualsiasi pianta erbacea non velenosa; Plauto fa raccontare al cuoco del suo Pseudolo che: “I suoi colleghi trattavano i convitati a guisa di vacche, rimpinzandoli esclusivamente di erbe!” Per gli storici, invece, sembra quasi che i romani passassero la loro vita a tavola: li rappresentano come insaziabili ghiottoni, anche se in realtà fino a sera quasi digiunavano e, per secoli, apparecchiarono le mense solo a giornata finita. Vero è che non si lasciavano sfuggire l’occasione di riguadagnare il tempo perduto organizzando memorabili convivi, tanto che Lucilio in una delle sue più celebri satire scrive: «Salute a voi, che non siete altro che ventri!» Va però chiarito che la storia raccontata in queste pagine è quella che vede protagonista una categoria professionale, e non le pietanze che è in grado di preparare. Ma chi era dunque il cuoco, a Roma?